Sappiamo molto della faccia visibile, grazie alle missioni umane (programma americano Apollo), che hanno effettuato esperimenti geofisici in sito e riportato quasi 400kg di rocce lunari, ed a quelle robotiche (programma sovietico). Queste missioni hanno rivelato aspetti inattesi dell’origine della Luna, della sua storia geologica e della sua struttura interna, rivoluzionando le precedenti teorie. Pochissimo sappiamo invece del “lato oscuro” del nostro satellite naturale. Per questo motivo dopo il parziale successo della missione Chang’è 3 su Mare Imbrium (lato vicino), i cinesi si sono concentrati sulla missione più difficile, quella di allunare sul lato che non vediamo e che non possiamo “direttamente monitorare”. Tutto è andato secondo i piani ed il rover Yutu-2 ha cominciato la sua esplorazione lunare 12 ore dopo l’allunaggio del lander.
 
I dati radar che hanno permesso di ricostruire la struttura del sottosuolo lunare, con un dettaglio (risoluzione) mai ottenuto prima d’ora, sono stati acquisiti con le antenne ad alta frequenza (500MHz) montate sotto la struttura del rover. “Quello che ci ha più sorpreso” dice Elena Pettinelli “è la straordinaria trasparenza del terreno di Von Karman alle onde radio, che ci ha permesso di vedere distintamente le strutture geologiche fino a 40m di profondità, una cosa assolutamente impossibile da ottenere sulla Terra a quella frequenza, a causa della onnipresenza di acqua liquida nel sottosuolo”. “Abbiamo comunque dovuto lavorare sodo all’analisi dei dati per estrarre le informazioni riguardanti i dettagli della stratigrafia e, soprattutto, per evitare errori nell’interpretazione dei dati” aggiunge Sebastian Lauro. “Alla fine abbiamo individuato l’algoritmo giusto, applicando un approccio noto come inversione tomografica, siamo riusciti ad individuare la presenza dei tipici prodotti di impatto sotto uno spesso strato di regolite” conclude Francesco Soldovieri. 
Ma cosa ha scoperto realmente il radar? Data la “trasparenza” dei materiali è stata possibile definire in dettaglio la sequenza verticale degli strati. La parte superiore è costituita da materiale finissimo ed uniforme (regolite) che si estende fino ad una profondità di circa 12m. Questo materiale è frutto di un lungo processo di frantumazione ed aggregazione dovuta all’impatto di micrometeoriti ed all’interazione del suolo con la radiazione solare (la Luna non ha atmosfera). Al di sotto di questo si alternano strati ricchi di blocchi derivanti dalle espulsioni di materiale dai vicini crateri generati dall’impatto con asteroidi e strati più fini fino ad una profondità di 40m, limite di indagine del radar. Il ritorno sulla Luna dell’uomo è ormai imminente; l’idea di creare una base scientifica (come quella in Antartide) è un progetto ambizioso ma non fuori dalla nostra portata. Tuttavia, lo sviluppo di un insediamento umano lunare richiede la capacità di utilizzare e riciclare le risorse presenti sulla Luna, come l’acqua dal ghiaccio e l’ossigeno dalla regolite lunare. Per questo motivo, l’esplorazione geofisica del sottosuolo, così come lo è sulla Terra per l’individuazione delle risorse naturali, è ora di fondamentale importanza sulla Luna per la scelta del sito adatto alla costruzione di una base lunare.